Anche quest’anno, come tutti gli altri anni, arriva puntuale la Fiera di Grottaferrata, giunta alla sua 423ª edizione: un bel traguardo se ci pensate. Cambiata nel corso dei secoli, è passata dall’essere il luogo dove “raramente si termina senza un omicidio, poiché la plebe trasuda vino” (parole di Papa Pio II) a luogo di cultura e specchio della società.

Che poi, se ci pensiamo bene, lo era anche all’epoca di Pio II: un società profondamente legata alla terra e alla religione e poco avvezza alle chiacchiere si incontrava per menarsi sul serio, senza il filtro dato da Facebook. Il problema è che al posto delle tastiere avevano i coltelli, e così di solito finiva a “pungicate”.
La Fiera, insomma, c’è da sempre con le sue tradizioni, una delle quali potrebbe effettivamente essere la soluzione riguardo il problema legato alla siccità: qualunque Grottaferratese vi dirà che quando c’è la Fiera piove sempre, ed è vero; così come è vero che “l’edizione dello scorso anno era più bella” e comunque “Signora mia, io alla Fiera ci compro sempre il prosciutto più buono”.

Attraversare la Fiera è un po’ un rito di passaggio, ovviamente un’esperienza da fare la domenica mattina: entrate  nei meandri delle enormi tensostrutture, dribblate famiglie con i passeggini, smarcatevi dall’avventore intento ad assaggiare quintali di salumi “tipici” di Calabria e Umbria, oltrepassate la

mastodontica forma di groviera e la gentile ragazza che vuole assolutamente vendervi l’ultimo modello di infisso per la casa, superate il tizio che urla al microfono quanto è sensazionale il suo pulitore multiuso, raggiungete la zona abbigliamento dove enormi cartelli vi avvisano che è tutto scontatissimo e tutto in vera pelle: arriverete alla luce che vi traghetterà verso la zona dedicata alla ristorazione. Un’enorme porchetta vi guarderà dall’alto della sua notorietà: abbasserete gli occhi, accennando un sorriso e arrossendo, come una vergine medievale che incontra il suo sposo.

Rifocillatevi, dunque, perché ad aspettarvi c’è la zona esterna: padelle, giocattoli, altre padelle, cassette per la posta in stile americano, “zuccherofilatocaffèBorghettinoccioline”, tosaerba che tosano erba e ancora padelle; se riuscirete ad attraversare anche quest’ultima parte avrete raggiunto quindi la fine del vostro viaggio, il vostro Bar/Bat mitzwah sarà concluso e vi ritroverete persone nuove, con una consapevolezza diversa e avrete capito che la Fiera di Grottaferrata è quel ticket necessario che ogni anno vi sarete concessi all’oscuro della vostra capacità critica, chiusa in auto e tranquillizzata con un “vado a prendere il latte, senza che scendi”.

Avrete attraversato quel mondo sempre uguale che non riesce proprio a cambiare e a cambiarsi, come il modellino del Ponte sullo Stretto presentato da Bruno Vespa in TV: cambia l’orario, cambia l’ospite ma l’idea è sempre quella, consueta e rassicurante.

qualunque Grottaferratese vi dirà che quando c’è la Fiera piove sempre, ed è vero

A fin di bene avrete anche comprato qualcosa: uno scolapasta, un ragno per gli spaghetti o una bellissima cover per il vostro smartphone, quindi vi sarete anche convinti, in qualche meandro della vostra coscienza, che questo è l’ultimo anno e che no, basta, non ci torno più.
Mentite a voi stessi e lo sapete, quindi non ditelo, tenetevelo per voi: essere coerenti è qualcosa sempre molto sottovalutato.
In macchina, verso il ritorno, ci sarà silenzio. Guarderete fuori dal finestrino le nuvole che si ammassano verso nord, la giornata si fa più scura, in serata è prevista pioggia.

Domani è lunedì.