Come in un libro scritto male, si era ucciso per Natale“, così canta Guccini in una sua vecchia canzone, ma per quanto in realtà l’aumento dei suicidi sotto le feste è in realtà un falso, è più che vero che il Natale non piace a tutti e anzi, spesso acuisce uno stato psicologico di depressione.
Ne abbiamo parlato con Camilla Annibaldi, Psicologa Psicoterapeuta, Responsabile dei Centri Antiviolenza di Ariccia e Rocca Priora e con uno studio privato ad Ariccia.

Dottoressa Annibaldi, per chi è più difficile vivere il Natale?
Nella mia esperienza personale e professionale ho incontrato molte persone con sentimenti avversi nei confronti del natale: molte hanno subito importanti lutti a dicembre, o comunque in questo periodo in cui tutto rimanda alla famiglia e agli affetti è difficile affrontarlo se chi amiamo non c’è più. Poi c’è chi non sopporta le convenzioni, chi abita nelle zone dello shopping natalizio, chi è solo mentre il mondo sembra esser sospeso per diversi giorni.

Che cosa vuol dire che la società ci impone di “dover essere felici per forza”?
Vorrei concentrarmi sulla nostra personale battaglia contro i pensieri e le emozioni negative, che è poi quella contro la natura intrinseca dell’essere umano, quindi non possiamo che uscirne sconfitti:non possiamo avere il controllo su ciò che proviamo ma solo sul nostro 

comportamento. Questo “la società” (che poi siamo noi) lo sa bene e quindi ci impone il suo “DEVI ESSERE FELICE” e per esserlo devi mettere in campo AZIONI FELICI. Siamo sicuri che ciò avvenga solo a Natale? Io penso che ogni occasione sia buona per farci negare il nostro sentire se è ”negativo”. Il Natale si presta di più perché rappresenta un rito collettivo: dove tutti stanno facendo il “trenino” e crediamo basti mettersi in fila, mettere le mani sulle spalle di chi è davanti inneggiando a Brigitte Bardot per stare bene.

Quanto pesa il Natale rispetto alle altre feste?
E’ difficile scegliere di non vivere il Natale: la maggioranza degli esercizi commerciali sono chiusi, i mezzi pubblici hanno orario ridotto, in televisione c’è la solita sfilata dei soliti film. Mentre Pasqua dura due giorni e puoi “passarla con chi vuoi, tanto piove!”, è difficile fuggire dal Natale, quindi pesa molto di più!

non basta mettersi in fila indiana e cantare "Brigitte Bardot" per stare bene

Come si rivendica il diritto all’infelicità? E’ giusto?
Rivendicare il diritto all’infelicità rischia di porci sulla barricata opposta dei “felici per forza” col risultato di negare ancora una volta ciò che proviamo. Carl Rogers, psicologo-psicoterapeuta, afferma che quando nasciamo siamo profondamente in connessione con noi stessi e man mano che cresciamo ci distacchiamo dai nostri sentimenti e bisogni per conformarci all’ambiente. Molto del lavoro personale per la felicità è riconnettersi con la propria bussola interiore per decidere verso quali lidi rivolgere la nostra navigazione. Sono per la rivendicazione del mio diritto a sentire come mi sento in ogni momento della mia vita.

Consigli su come affrontare queste difficoltà?
Potremmo concentrarci proprio su quello che vorremmo, scrivere una letterina non a Babbo Natale ma a noi stessi, e se il Natale rimanda a concetti di nascita e di nuovo inizio cosa ci possiamo augurare? Consiglio anche di creare delle proprie tradizioni che possano aiutarci a sentirsi meglio (perché sfido chiunque a dire che nella vita vuole perseguire la tristezza e la sofferenza): Che rito puoi attuare in quei giorni così difficili dell’anno che possono donarti benessere? Consiglio di identificare un’azione (o più) tipiche del NOSTRO Natale. Personalmente una cosa che faccio solo a Natale è attendere di trovare in televisione Il dottor Zivago, ed ogni volta sperare che cambi il finale.

 

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